Cosa intendiamo quando scriviamo “vi riportiamo a casa”.
– Tutti a casaaa!
Il fischio di fine partita, un po’ di anni fa, era la voce della mamma. A turno, ogni sera, se ne affacciava una alla finestra o al balcone a dichiarare che l’attività agonistica, per quel giorno, era finita. A seconda di chi era di turno si poteva sperare di ottenere un po’ di supplemetari con qualche “eddai!” ma era meglio non tirare troppo la corda. Perché prima o poi a casa per cena bisognava tornarci e fare l’aperitivo a base di ceffoni non era esattamente il massimo.
Un po’ di anni dopo tutti sappiamo doveaccheoraffarecosa ci troveremo già dal mese prima. E qualche talismano luminoso/vibrante/parlante ce lo ricorderà. O ordinerà. Fate voi.
Senza scomodare gli antropologi, sembra chiaro che ultimamente tutto vada più in fretta e per questo si scelga sempre più spesso la superficie delle cose.
Quando diciamo che Vi riportiamo a casa vogliamo dire che facciamo la nostra parte per salvare qualche pezzetto di normalità. Vi riportiamo a casa per quello che significava una volta: non solo il luogo ma l’idea di posto conosciuto. Magari sicuro.
Il nostro pezzetto è il cibo. Lo scegliamo e prepariamo per voi ma lo mangiamo anche noi e i nostri amici. E non pensiamo sia poco.
Sì, sì, siamo come gli altri: abbiamo la pagina e gli stati. Ma non pensiamo che la Home sia veramente Casa. Neanche, però, che lo snobismo aiuti la salvaguardia delle radici: la casa dei nostri nonni è rimasta tale anche dopo l’avvento della luce elettrica.
Qualche scelta abbiamo dovuto farla, forse non abbiamo tutto tutti i giorni. E se lo abbiamo i prezzi non sono sempre “concorrenziali”. Ma a casa il menu non era uguale tutti i giorni. E certe cose si mangiavano solo di domenica.
Non facciamo tutto questo perché siamo buoni. Anzi. Lo facciamo per non annoiarci: visto che bisogna lavorare almeno proviamo a farcelo piacere. Ci riusciamo spesso. Se avete cinque minuti venite a trovarci. Per il ritorno non vi preoccupate: Vi riportiamo a casa.
MACCHIAGODENA
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