LA TOMAHAWK
“Come hai detto che si chiama?”
“TO-MA-OCC.”
“Ah, vabbé, ‘a carne co’ ll’osso”
È difficile spuntarla con la signora Maria, massaia libera da OGM. Ma comunque una cosa l’ha colta: il nome viene dall’osso.
Sì, sì, lo so che lo sapete, si chiama così perché l’osso ricorda il manico dell’ascia di guerra dei nativi americani. E gli americani (quelli non nativi) da un po’ hanno preso a chiamarci questo taglio di carne. E pure a mangiarselo. Noi? Stiamo imparando.
Come fa il vostro amico macellaio a servirvi una buona tomahawk? Deve cercare un bovino (manzo o scottona) e tagliare dalla parte anteriore della lombata, in base allo spessore dell’osso, le vostre bistecche.
Quindi fatemi un favore e risparmiatevi la figuraccia di chiedere delle bistecche sottili: il taglio segue le caratteristiche dell’animale e può andare da poco meno di un chilo a due.
Che è, comunque, tra i più pregiati. Basta sentirne la morbidezza e il gusto dovuti al perfetto equilibrio tra parte magra e grasso.
E poi, vuoi mettere, la comodità di mangiare una bistecca col manico?
Non è che proprio mi piacesse l’idea di una cosa tanto buona con un nome che si ispirava alla guerra. Per fortuna su Internet c’è tutto. E il suo contrario. E c’è scritto anche che qualche ottimista concepì delle tomahawk col doppio uso di ascia e calumet della pace, ricavandogli una pipa per tabacco nella testa. Un genio!
I calumet non si usano più. Ma l’idea è buona. Allora prendetevi un po’ di tempo per organizzare una serata con gli amici che non vedete da più tempo. E invece della pipa preparate delle bistecche come si deve. Magari raccontatevi che vita avete fatto negli ultimi anni. No, non quella che avete inventato per i social: quella vera in cui non siete perennemente felici e belli. La tomahawk non tollera certe finzioni. E voi?
MACCHIAGODENA
Vi riportiamo a casa
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